Antiriciclaggio, adempimenti pesanti
La nuova disciplina burocratizza l’attività professionale

Di Paolo Moretti - Consigliere nazionale ragionieri- Presidente Fondazione Luca Pacioli -(Italia Oggi, 21 giugno 2006)

L’entrata in vigore del Decreto ministeriale n. 141 del 6 febbraio 2006 (in attuazione del Decreto Legislativo n. 56 del 20 febbraio 2004) e delle relative istruzioni applicative (provvedimento dell’U.I.C. del 24 febbraio 2006) ha individuato a carico di ragionieri, dottori commercialisti e altri professionisti nuovi adempimenti diretti a prevenire, impedire e segnalare la commissione di operazioni di riciclaggio di denaro e attività finanziarie. Questi sono ora tenuti ad osservare una serie di obblighi relativi alla identificazione della clientela, registrazione e conservazione dei dati e delle informazioni acquisiti ai fini antiriciclaggio e segnalazione delle operazioni c.d. ‘sospette’ già operanti per le banche e gli altri intermediari finanziari nonché di comunicazione al Ministero dell’Economia e delle finanze delle eventuali infrazioni alle limitazioni all’uso di denaro contante e di titoli al portatore. Gli stessi professionisti devono, inoltre, adempiere agli obblighi relativi alla istituzione di controlli interni, di formazione dei dipendenti e dei collaboratori e, infine, di collaborazione attiva con l’U.I.C.

Si tratta di innovazioni normative che comportano non solo un sensibile cambiamento nella quantità e nella qualità degli adempimenti che la categoria è chiamata ad effettuare ma che introducono elementi di forte impatto nell’approccio stesso allo svolgimento delle attività professionale. Non può non osservarsi, infatti, che il coinvolgimento di ragionieri e dottori commercialisti nella lotta al contrasto del fenomeno del riciclaggio se da una parte conferma il ruolo chiave di tali professionisti nella affermazione della legalità a tutela della correttezza dei comportamenti economici, dall’altra comporta l’assolvimento di obblighi di natura inquirente difficilmente conciliabili, sotto più profili, con la realtà stessa dell’attività professionale, improntata a norme deontologiche ben definite e caratterizzata da un rapporto fiduciario con il cliente.

In particolare ciò che suscita maggiori perplessità è l’estensione ai professionisti di obblighi di vigilanza, monitoraggio e valutazione della clientela e delle operazioni del tutto analoghi a quelli cui sono soggetti banche e intermediari finanziari. Ciò che caratterizza l’attuale disciplina, è infatti, l’assenza di elementi di flessibilità tali da modulare l’intensità degli obblighi, in termini di adempimenti e responsabilità, in relazione al rischio di commissione di operazioni di riciclaggio.

Ne deriva una forte burocratizzazione dell’attività professionale conseguentemente alla introduzione di adempimenti di difficile attuazione perché pensati per essere applicati nei confronti di soggetti dotati di strutture organizzative particolarmente complesse (quali enti creditizi e intermediari finanziari), risultano difficilmente adattabili a realtà profondamente diverse quali quelle degli studi professionali. A fronte, peraltro, di tali oneri e responsabilità non appaiono adeguate le misure di protezione previste per i professionisti che effettuano segnalazioni di operazioni che si sospetta realizzate ai fini di riciclaggio di denaro e di attività finanziarie. Il sistema di segnalazione delle suddette operazioni, infatti, non appare garantire adeguatamente il professionista e porlo al riparo da eventuali ritorsioni e atti ostili.

Nonostante la riservatezza che circonda l’effettuazione della segnalazione, il cliente la cui operazione viene segnalata non avrà infatti particolari difficoltà - tenuto conto del rapporto che lo lega al professionista - ad individuare il segnalante: anzi in tal senso l’individuazione risulta quasi automatica, con inevitabile conseguente incrinatura del rapporto fiduciario cliente-professionista. Tali perplessità sono manifestate dalle numerose richieste di chiarimenti che continuano a pervenire alle Autorità competenti (e che hanno reso necessario un primo intervento da parte dell’U.I.C. – si veda il parere emanato a fine maggio recante chiarimenti sul provvedimento emanato dalla medesima autorità lo scorso 24 febbraio) e che testimoniano la condizione di incertezza degli operatori economico-giuridici: il rischio concreto è di compromettere i risultati innovativi e la stessa applicazione effettiva delle disposizioni determinata dalle mancanza di strumenti per “metabolizzare” le novità della nuova normativa di riferimento; con la conseguenza che si vada incontro ad un sostanziale fallimento della disciplina rispetto alle finalità perseguite di contrasto del fenomeno del riciclaggio.

L’attuale quadro normativo è, peraltro, reso complesso dalla prossima entrata in vigore - 1° gennaio 2007 - della Dir. 2005/65/CE – c.d. III direttiva antiriciclaggio - che introduce novità di rilievo e che renderà necessario un coordinamento tra l’attuale normativa e le nuove disposizioni. In tale contesto si rende quanto mai opportuna una ulteriore riflessione sulle modalità del coinvolgimento dei professionisti nella disciplina antiriciclaggio, al fine di realizzare un sistema di contrasto del fenomeno che sia, al tempo stesso, efficace e coerente con le caratteristiche proprie del mondo professionale.

(L’articolo è un’ampia sintesi della relazione tenuta dallo stesso Moretti al convegno sull’antiriciclaggio, svoltosi a Foggia lo scorso 15 giugno).

 


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