Tirocinio, il “tempo pieno” non è più obbligatorio
Più chance lavorative per i giovani praticanti


Non togliere chance lavorative ai praticanti ragionieri, aiutandoli a mantenere o intraprendere attività parallele allo svolgimento del tirocinio professionale.
Via libera quindi alla possibilità di esercitare un’attività lavorativa contemporaneamente alla pratica e alla frequentazione di corsi di studio funzionali alla sua preparazione.


A patto che la stessa pratica sia svolta in maniera effettiva, con continuità e assiduità, che la preparazione teorico-pratica nelle materie oggetto dell’esame di abilitazione professionale risulti alla fine dei tre anni di tirocinio realmente adeguata e fermo restando il potere-dovere di valutazione da parte del Collegio di appartenenza sul rispetto dei dettami del Regolamento.

Sono queste le finalità con le quali il Consiglio nazionale dei ragionieri commercialisti ha approvato una modifica, pubblicata sulla G. U. (Serie generale) n. 290 dell’11.12.2004, al comma III dell’articolo 4 del Regolamento della pratica, dal quale risulta ora significativamente eliminata la locuzione “a tempo pieno”.
Come spiegato nelle note interpretative, anch’esse modificate, il regolamento, rinunciando all’obbligatorietà del tempo pieno, prevede ora che “l’iscrizione nel Registro dei Praticanti è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa a carattere subordinato o autonomo”.

Con questa modifica il Consiglio Nazionale porta a compimento un processo iniziato già nel 1999 quando, con una delibera del 13 gennaio, nell’ambito di un progetto di riforma del Regolamento della pratica, propose la possibilità di svolgere il tirocinio contestualmente al corso di studi universitario, una remunerazione a favore dei praticanti, corsi alternativi alla pratica e altre innovazioni.

Successivamente il Consiglio nazionale inoltrò una comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella quale, in attesa della riforma delle libere professioni, manifestava l’intendimento di agevolare, avvalendosi della propria potestà normativa e regolamentare, l’accesso dei giovani alla professione, eliminando modalità particolarmente rigide, consentendo un iter più rapido e snello per l’acquisizione del diritto a sostenere l’esame di Stato “in modo da dare concrete risposte all’esigenza, pienamente condivisa, di favorire l’accesso dei giovani al mondo del lavoro”.

Nel corso degli ultimi anni, inoltre, il Consiglio Nazionale ha più volte rilevato, rispondendo a specifici quesiti provenienti dai Collegi locali, che la locuzione “a tempo pieno” non doveva essere interpretata in modo eccessivamente rigoroso e tale da escludere a priori la possibilità per il praticante di svolgere attività di lavoro subordinato o di collaborazione continuativa presso un datore di lavoro pubblico o privato ovvero presso il medesimo professionista.

In particolare, il Consiglio Nazionale, anche sulla scorta di recenti pronunzie giurisprudenziali, prima di apportare la modifica al Regolamento appena approvata, aveva già evidenziato che la possibilità di svolgere un’attività lavorativa rappresenta un notevole beneficio per il praticante e nel contempo non esclude a priori la possibilità di effettuare al meglio la pratica.

Per gli stessi motivi, il Consiglio Nazionale ha poi ritenuto compatibile con lo svolgimento della pratica anche l’esercizio di un’attività lavorativa non subordinata, purché, anche in questo caso, tale da consentire l’espletamento di un tirocinio regolare ed effettivo.

Infine, in applicazione dell’art. 3, comma 3 bis del Decreto legge 10 giugno 2002 n. 107, così come modificato con la legge di conversione 1° agosto 2002 n. 173, il Consiglio nazionale ha modificato anche i commi I e II dello stesso articolo 4 del Regolamento della pratica professionale.


IL TESTO DELL’ARTICOLO 4 MODIFICATO

Durata e modalità della pratica


1. La pratica professionale ha la durata di tre anni
2. La pratica professionale, che deve essere svolta con assiduità, diligenza, dignità, lealtà e riservatezza, importa lo svolgimento delle attività proprie della professione, in ogni caso, la preparazione teorico-pratica nelle materie oggetto dell’esame di abilitazione professionale.
3. Nello stesso periodo, il professionista nel cui studio il praticantato è svolto, deve consentire al praticante di frequentare corsi di preparazione oppure altri corsi di studi presso le facoltà universitarie economiche o giuridiche.


IL TESTO DELL’ARTICOLO 4 PRIMA DELLA MODIFICA

Durata e modalità della pratica

La pratica professionale ha la durata di tre anni ed è ridotta a due per coloro che, oltre al diploma di ragioniere e perito commerciale, siano in possesso della laurea in giurisprudenza o in economia e commercio, al momento dell'inizio della pratica.
E' fatta salva la facoltà di proseguire la pratica per il terzo anno ai fini degli artt. 3 e 5 del D.L. 115 del 27 gennaio 1992.
La pratica professionale, che deve essere svolta con assiduità, diligenza, dignità, lealtà e riservatezza, a tempo pieno, importa lo svolgimento delle attività proprie della professione e, in ogni caso, la preparazione teorico-pratica nelle materie oggetto dell'esame di abilitazione professionale.
Nello stesso periodo, il professionista nel cui studio il praticantato è svolto, deve consentire al praticante di frequentare corsi di preparazione oppure altri corsi di studi presso le facoltà universitarie economiche o giuridiche.