Antiriciclaggio, operatori in allerta
Di Lucia Starola e Francesco Tavone
(Italia Oggi, 26 aprile 2006)

Il mese in corso si è dimostrato particolarmente intenso per la disciplina antiriciclaggio. Dopo l’emanazione dei regolamenti del Ministero dell’economia, attuativi del D.Lgs n. 56/04, e dei Provvedimenti dell’UIC contenenti le disposizioni applicative, è stata pubblicata la Legge 16 marzo 2006, n. 146, di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 (G.U. n. 85 dell'11 aprile 2006, S.O. n. 91).

La legge n. 146/06 integra il quadro delle norme di presidio del sistema economico-finanziario contro il rischio di riciclaggio dei proventi da attività illecite, intervenendo, tra l’altro, sul complesso delle disposizioni dettate dal D.Lgs n. 231/01, in materia di responsabilità amministrativa da reato degli enti. Il provvedimento legislativo, infatti, come imposto dalla Convenzione, adotta le misure necessarie, per determinare la responsabilità dell’ente che partecipa a reati gravi, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato ed abbia carattere transnazionale.

É stata quindi introdotta nell’ordinamento la categoria dei reati transnazionali e, in relazione alla commissione di tali illeciti, è stata prevista, per talune fattispecie, la responsabilità amministrativa da reato degli enti, secondo le disposizioni del D.Lgs n. 231/01.

Tra i delitti richiamati dalla legge n. 146/06, tutti connotati da una notevole gravità, compaiono anche il reato di riciclaggio (648-bis c.p.) e quello di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (648-ter c.p.). Ad essi consegue l’applicazione all’ente della sanzione amministrativa pecuniaria da duecento a ottocento quote (l’importo di una quota oscilla da un minimo di 258,23 ad un massimo di 1.549,37 €).

Inoltre, in caso di condanna per questi ultimi reati si applicano all'ente, per una durata fino a due anni, le sanzioni interdittive della sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito, dell'interdizione dall'esercizio dell'attività, del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, dell'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi.

Secondo i principi del D.Lgs n. 231/01, gli enti sono responsabili per i reati commessi nel loro interesse o vantaggio da persone che rivestono funzioni apicali e da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di queste. L'ente non risponde se prova che sono stati adottati ed efficacemente attuati, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi, e che è stato affidato il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli ad un organismo dell'ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo. Inoltre, l’ente deve provare che le persone abbiano commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione, e che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo.

L’applicabilità del D.Lgs n. 231/01 anche per i reati di riciclaggio, in quanto trasnazionali, rende, dunque, necessario che le società e gli enti predispongano, ovvero aggiornino anche per tali fattispecie, i modelli organizzativi e di dotino di un apposito organismo di vigilanza. Si ritiene che l’organismo di vigilanza possa coincidere con gli organi di controllo previsti dal diritto societario, quali il collegio sindacale o il consiglio di sorveglianza ove esistenti. A tali organi, peraltro, sono già affidati i doveri di vigilanza circa l’osservanza da parte dell’ente delle norme antiriciclaggio. E ciò sia per gli intermediari creditizi e finanziari (art. 10 DL 3 maggio 1991 n. 143) sia per gli operatori non finanziari di cui al dlgs 25 settembre 1999 n. 374, sia ancora per tutti gli enti tenuti ora ad osservare la disciplina antiriciclaggio, tra cui i professionisti (art. 2, comma 2, dlgs n. 56/04). Queste considerazioni si collegano altresì con le indicazioni contenute nell’art. 8 del dlgs n. 56/04, dove si prevede l’adozione di adeguate procedure volte a prevenire e impedire la realizzazione di operazioni di riciclaggio.

L’istituzione di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati di riciclaggio appare dunque particolarmente urgente per tali enti, specie quando l’attività sia svolta, in modo del tutto legittimo, a livello internazionale, con utilizzo di strutture e strumenti finanziari, che per loro natura e caratteristiche, con maggiore facilità attraggono i riciclatori.

Un ruolo importante, nel processo di naturale adeguamento verso le nuove disposizioni e l’adozione degli appropriati modelli organizzativi antiriciclaggio, può essere assunto proprio dal collegio sindacale degli enti interessati; ciò sia per effetto del richiamato dovere di vigilanza dell’organo, sia in considerazione dei gravi danni che potrebbero derivare all’ente ed al patrimonio della società in caso di inottemperanza e di condanna, fino alla possibile interruzione temporanea o permanente dell’attività.

 


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